GIORNALISTI DI GUERRA

Questo non vuole essere un pezzo sulla guerra, ne girano gia' troppi, vogliono soltante essere poche righe per mettere in risalto un aspetto che forse a qualcuno puo' essere sfuggito.

Il parallelo fra generali e giornalisti italiani.

Mi e' capitato di vedere interviste o di leggere articoli di generali del nostro esercito, sopratutto in pensione ma con una importante carriera alle spalle riguardante incarichi avuti negli anni in zone molto calde del pianeta. Gente che sa cos'e' la guerra, che l'ha vissuta, ci e' passato e ne conosce gli orrori.

Per questa ragione sono i primi ad auspicare una soluzione negoziale del conflitto, le loro argomentazioni sono finalizzate a far capire alla gente la mostruosita' della guerra, loro che sono stati soldati hanno voce assolutamente in capitolo.

Poi ci sono i giornalisti nostrani, vedevo l'altro giorno una vignetta che riportava come in Italia si vendano piu' giornalisti che giornali. Questi “giornalisti”, con Mentana e i suoi 2 mesi di “speciali” in testa, da un lato si “auspicano la fine del conflitto” ma dall'altro e' palese il loro sperare che la cosa si prolunghi il piu' a lungo possibile.

Basta guardarli in faccia mentre parlano di posti che non conoscono, armi di cui hanno sempre ignorato l'esistenza, strategie militari e soldatini da muovere su un plastico.

Sbavano nella speranza che la cosa duri in eterno per poter essere protagonisti il piu' a lungo possibile, fosse per loro innonderebbero il video di immagini di cadaveri e di vite spezzate.

Parlo dei giornalisti in studio, gli inviati di guerra, sopratutto quei pochi free lance, sono un altra cosa e meritano il rispetto dovuto a chi cerca di fare bene il proprio lavoro.

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