GLI EROI


In questi giorni tutti gli organi di stampa hanno celebrato 
l'anniversario della strage di Capaci, dove il Giudice Giovanni 
Falcone, sua moglie e tutta la scorta saltarono in aria su una 
bomba.
Si tratto' di un puro atto di forza da parte della mafia e delle sue 
coperture politiche, oramai Falcone era stato spostato a Roma con 
un incarico in ministero dove, dopo il maxiprocesso, non avrebbe 
piu' potuto incidere come prima.
Non a caso la protezione al Giudice durante la permanenza a 
Roma era piu' blanda rispetto ai giorni palermitani, come 
testimoniano diversi colleghi che lo incontrarono nella capitale in 
quel periodo.
Un atto criminale di quelle dimensioni ebbe come scopo 
l'eliminazione di quello che fino ad allora era stato il piu' groosso 
problema per la mafia, ma anche un segnale che nessuno, a nessun
livello, era intoccabile.
Non si tratto' di un atto di difesa da parte della mafia, nei confronti
di chi continuava il suo lavoro, ma bensi' di un atto di 
intimidazione al sistema vero e proprio.
Quando Borsellino, dopo l'attentato, interrogo' Brusca, l'uomo che 
materialmente aveva pigiato il bottone si senti' dire che al mafioso 
sembrava impossibile che “4 pecorari ignoranti avessero potuto 
fare una cosa cosi' grande”
In effetti, ancora oggi i bubbi sull'attentato restano tanti, non 
ultimo la sparizione dal suo ufficio del portatile del Giudice dove, 
si suppone, ci fossero tutte le sue informazioni importanti.
A quel punto era chiaro che il destino di Borsellino, rimasto solo a 
combattere fosse segnato, non a caso il pentito gli disse chiaro che
si trattava di un “morto che camminava”.
E' palese che quel pool fu lasciato solo proprio all'interno della 
questura palermitana, che dal punto di vista della fuga di notizie 
era un vero e proprio colabrodo.
Si raddoppio' il numero degli agenti di scorta ma senza prendere 
quelle precauzioni che davvero avrebbero fatto la differenza, 
lasciando quei magistrati al loro tragico destino

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